"Così ci rubano la foresta": i diritti del popolo Baka e le azioni del WWF
Popoli incontaminati
I Baka sono un popolo africano di cacciatori-raccoglitori che abitano le foreste del Congo, del Camerun e del Gabon. Questa tribù di pigmei è uno dei pochi e rari gruppi umani incontattati del mondo. Le tribù definite “incontattate” sono quelle che vivono lontano dalla civiltà globalizzata, lontano da ogni contatto con la società esterna, isolate. Questi popoli sono ancora legati alle loro ancestrali tradizioni, e sono custodi dei luoghi che abitano e verso i quali hanno una devozione sacra. Costoro, proprio come i loro antenati, vivono sotto la costante minaccia del colonialismo, che non scompare ma assume solo nuovi perversi volti. Gli incontattati rischiano quotidianamente il furto delle loro terre, o peggio la totale estinzione. Intere tribù scompaiono ogni anno, distrutte dalla violenza coloniale, dalla dispersione, da contatti forzati che li espongono a rischi (quali le nostre malattie, verso cui non hanno difese immunitarie). I popoli incontattati hanno il diritto di sopravvivere e prosperare. E i Baka fanno parte dei popoli che hanno questo diritto, e che vivono questi rischi ogni giorno. Survival International è un movimento mondiale che dal 1969 si impegna a difendere gli indigeni e i loro diritti. Dal 1975, Survival fa sentire anche la voce dei pigmei Baka. La voce della loro battaglia. Una battaglia per non estinguersi.
Il WWF e il furto della terra dei Baka
È sempre il movimento Survival a lanciare un segnale d’allarme sulla situazione del popolo Baka, puntando il dito contro il WWF. La nota associazione ambientalista avrebbe, dal 2009 circa, rivolto l’attenzione a Messok Dja, un’area di foresta pluviale nel bacino del Congo particolarmente ricca di biodiversità. Messok Dja è in una regione riconosciuta come “riserva della biosfera transfrontaliera”. Ma Messok Dja è anche terra dei Baka. Negli anni, WWF è riuscita a portare avanti il progetto di istituzione di un parco nazionale a Messok Dja, per creare un corridoio ecologico che collegasse i parchi congolesi con quelli del vicino Camerun. Il tutto però - denuncia Survival - senza il minimo consenso da parte delle tribù che abitano quei luoghi e che non solo non sono state interpellate ma, aspetto più agghiacciante, sono vittime di intimidazioni e violenze da parte di ecoguardie armate finanziate anche da WWF. Per questo Survival parla di “colonialismo verde” in Africa. Vi erano già esempi, in Camerun, di terre popolate dai Baka trasformate in parchi nazionali o assegnate a società di safari di caccia. E dunque il tema è: il progetto Messok Dja è davvero volto alla tutela dell’ambiente? I dubbi sono molti, soprattutto visto che il progetto di conservazione è finanziato, fra gli altri, da compagnie per il taglio del legno e per la produzione di olio di palma. Soprattutto visto che gli indigeni - che sono stati per tutti questi anni i veri custodi di quei territori, i veri protettori della biodiversità - vedono strappata via la loro casa. Si vedono sottrarre le fonti di sostentamento. Subiscono abusi da parte dei guardiaparco, abusi che vengono puntualmente insabbiati. Se a Messok Dja si stesse cercando di togliere la terra alle comunità autoctone per sfruttare quei luoghi impunemente, allora lo scenario sarebbe davvero angosciante. E per Survival questo scenario è molto realistico. Per questo si parla di colonialismo verde. Dichiarando di voler fare “il bene del pianeta”, potenti organizzazioni si spartiscono il controllo della terra e delle risorse. Sulla pelle dei popoli indigeni.
La voce dei Baka
Sono stati proprio i Baka a chiedere all’ONG Survival di far sentire la loro voce. A dichiarare di non essere stati coinvolti in nessuno step che ha portato alla creazione del parco. E questo violerebbe la legge internazionale, che dice che qualsiasi progetto sulle terre indigene può essere realizzato solo con il consenso dei nativi. Ed è proprio la viva voce dei Baka e delle altre tribù di quei luoghi a darci un’idea dei soprusi, dell’orrore vissuto nel quotidiano.
“Hanno rovinato il nostro mondo. Se proviamo a cacciare nella foresta ci picchiano, arrivano anche ad ucciderci.”
“Se un guardiacaccia ti trova nella foresta, anche solo con un’antilope, vieni picchiato e costretto a spogliarti.”
“La foresta è la nostra vita. Ci impediscono di sfamarci. Moriremo. Siamo gente della foresta. Se tutto questo non finisce, tutti i Baka moriranno.”
Estirpare i Baka da quei luoghi non vuol dire soltanto sradicare chi in quei luoghi ci vive da sempre, ma anche privare esseri umani dei mezzi di sopravvivenza. Quel polmone verde è il luogo dove le tribù trovano cibo e medicine. “Non abbiamo pillole. Usiamo la corteccia degli alberi, che ci guarisce. Le pillole sono solo sedativi.”
“Siamo stati invasi. Così ci rubano la foresta.”
La situazione attuale
Da quando le denunce sono state portate avanti con determinazione, molti rapporti investigativi hanno evidenziato zone d’ombra nelle attività del WWF in quella parte d’Africa. Fra questi, un rapporto di UN Development Programme che ha posto l’attenzione sulle violenze dei funzionari supportati dal WWF. Lo stesso UNDP ha deciso di abbandonare il progetto proprio a causa delle violazioni dei diritti dei Baka emerse dall’indagine. Più recentemente, vediamo la Commissione Europea sospendere il finanziamento al progetto Messok Dja nel 2020.
La risposta del WWF alle accuse mosse da Survival è stata molto perentoria. Il WWF ha negato ogni coinvolgimento in presunti soprusi e ha sottolineato quanto l’associazione abbia sempre collaborato con le popolazioni locali dei luoghi in cui è intervenuta. Aggiungendo che WWF ha sempre condotto una dura battaglia contro i crimini sulla natura e sulle popolazioni indigene di tutto il mondo. Secondo WWF, la campagna di Survival è assurda e strumentale, volta solo a ottenere popolarità.
Sempre WWF ha dichiarato che alcuni Baka fermati dai guardiacaccia sono in realtà bracconieri. Questo fa ulteriormente riflettere. Le tribù native sono trattate alla stregua di criminali. I Baka non hanno mai rappresentato una minaccia alla flora e alla fauna del luogo, e la loro attività di caccia e pesca non è massiva o sportiva bensì volta a sfamare le famiglie. I Baka cacciano e pescano tradizionalmente, utilizzando frecce avvelenate, lance e trappole per la selvaggina, o portando con loro cani da caccia. Un probabile coinvolgimento dei Baka nel bracconaggio potrebbe semmai riferirsi a individui Baka che hanno fatto da guida ai bracconieri arrivati dall’estero, e che sono - loro - una delle vere minacce per il polmone verde africano.